Capitolo autismo e sport
Capitolo
autismo e sport
La sfida della
persona con autismo
Oggi inizio
questo capitolo per spiegare le mie emozioni e sensazioni che vivo quando
faccio sport: Atletica ( quando corro mi sento vento, gazzella, leopardo,
la forza
delle mie gambe aumenta quando la mia mente è concentrata, dopo mi sento bene
con me stesso.)
( Il nuoto :
sento la leggerezza che mi invade, galleggio senza fatica e il mio corpo ha
bisogno della leggerezza dell’acqua.) le mie emozioni facendo atletica,
La prima
volta è stata tutta da scoprire mi sono sentito travolto dalle tante strisce
Che non
vedendo ad occhio dove finivano mi davano confusione, il giro in pista al
completo ha rimesso ordine a cosa dovessi fare, gli ostacoli da superare sono
stati strani per me, la mia coordinazione motoria e tutta da strutturare, il
mio intuito ed istinto sono state la strutturazione iniziale, infatti il
tecnico ha dato per scontato che
Io sapessi
esattamente cosa si deve fare in atletica, io ho il sapere e non il fare
Perché e
scollegato, per collegarlo devo avere il visivo o l’oggetto che è il riferimento
La pista. Il
giro di pista: compiere il giro da solo in allenamento tutto lecito, fa parte
delle regole , riesco a tollerare schiamazzi, musica, attrezzi sparsi dappertutto
Insomma un
vero miracolo per me, rimango agganciato agli imput dei tecnici
E li il
lavoro forte, tenace, contro il mio autismo, come nasce la volontà in me di
fare l’attività sportiva. In me ci sono molte volontà ma rimangono li in attesa
con l’autismo. C’è un immenso bisogno di vivere la vita e i suoi doni, ma a
limitare tutto
Ci pensa
l’autismo, ecco come mi sento, sono solerte quando sono aperto, guadagno
respiri e quando mi chiudo l’autismo mi fa essere oppositivo e intrattabile.
Momenti bellisssimi di vita che conquisto, calma e pazienza in questo
Percorso, la
sfida piu’ grande e quella di organizzare il corpo, tutti i muscoli al
movimento, la mente registra le frasi che permettono di attivarmi , il
controllo,
la spinta
per l’aerodinamica che determina la velocità viene da sola se la persona può
farlo, io ho questo fattore di spendere tutto subito, perché nella velocità ho
un buon controllo, se dovessi fare percorsi piu’ lunghi dovrei organizzarmi. Ma
mi sento meglio nel corto, emozione adrenalina, tensione, non vivo ansia da
prestazione
se so cosa
devo fare, la mia perdita di concentrazione arriva se in pista ci sono altri,
per la mancanza di punto di riferimento, gli asperger vivono meglio tante
persone in pista, una buona gara deve essere uguale all’allenamento, uno per
volta vince chi fa il tempo migliore nei tratti corti veloci come…50 100
200 mt.cosi deve essere pensato
come utile prestazione, ogni persona corre o solo o con il suo allenatore.
Aerodinamica,
postura, strutturazione motoria, sono la base su cui lavorare per trovare il
mio vero potenziale, sono ora piu’capace di controllare la mia messa in pista,
la coordinazione motoria rende tutto piu’ facile, la mia partenza troverà
efficacia non da inclinato ma solo da semi inclinato, altrimenti per me e
faticoso organizzare l’alzata e la partenza, sono da ricercare anche le
emozioni create da spazi immensi come le piste, nonostante ci siano le strisce
che delimitano e indicano
per me
autistico.
Il percorso deve essere di tratti che man mano si aggiungono,
per trovare
spero l’intero tutto da percorrere, la mia mente per il momento per ogni cosa
accetta sequenze brevi anche tante cose da fare ma brevi, questo anche per
tutte le altre azioni quotidiane, il troppo mi rende confuso e ansioso, inizio
e fine
per ogni
cosa. Ci sono modalità che non devono essere usate durante l’apprendimento di
una azione, si inficia la possibilità di insegnare ogni cosa, le cose che non
devono mai mancare sono: la sicurezza, la fermezza, sapere cosa deve essere
proposto alla persona, davanti a qualsiasi reazione, calma e aspettare
i tempi, emozioni,
limiti, consapevolezza, di ciò che lo sport significa, correre
per superare
ogni volta il limite che la mente altrimenti non ti permette di superare
perché
altrimenti non saresti piu’ autistico.
Consapevole che posso correre e provo
benessere in
tutti i secondi impiegati nella corsa…..attimi che se diventano tanti posso
sentire la vita anche nel mio quotidiano, il movimento e la mente l’aspetto
motorio
solitamente nei bambini è guidato dall’istinto senza alcuna elaborazione, nella
crescita il movimento sarà pensato ed elaborato. In autismo si crea la
continuità , se non si cura questo aspetto del movimento, infatti la piu’ utile
e la
neuropsicomotricità
non la psicomotricità che non lavora inerente
ai
neuropsicomotori, ma della psiche che in autismo non si può analizzare avendo
un funzionamento diverso, i movimenti sono da educare come tutto della persona
autistica, necessitano anche di essere coordinati, allenati, strutturati, tutto
ciò deve avvenire attraverso un programma tecnico di lavoro che tenga conto di
tutto, si potrà agire bene ed efficacemente se l’osservazione tecnica sarà
fatta in modo corretto, le tecniche motorie sono di solito basiche, infatti per
la disabilità trovano spiegazione le gravi mancanze che sono sempre esistite, perché
le persone disabili non erano considerate, sono solo alcuni decenni che i
disabili fisici hanno ottenuto
dei diritti
di partecipare allo sport, ancora lontano per i disabili psitici un vero
riconoscimento, come nasce una volontà nel movimento se non c’è elaborazione
la volontà
in me e nata perché io sono un elaboratore sommerso, si chi non esterna la
verbalità elabora e crea un sommerso che si può esprimere scrivendo o seguendo
tutto quando viene strutturato, la volontà allora diventa leggerezza e piacere
che si diffonde nel fisico. E la mente rimane spiazzata se dovessi descrivere
l’emozione del benessere che provo, e come se il mio corpo sia attraversato da
una cascata d’acqua che lava via la mia confusione, e che negli attimi in cui
sono nello sprint l’autismo non c’è, mi sento volare e mi sento bene, la mia
mente se è occupata non crea il malessere dell’autismo, attimi di vita che
respiro.
( La piscina )
Un
rettangolo circoscritto con l’acqua in cui far crescere le autonomie, il senso
del pericolo della persona e provare una abilitazione motoria, rendere
possibile un difficile approccio di regole movimento. Alcuni autistici hanno
già questo stimolo come si immergono in acqua, perché è un ambiente che
semplifica movimenti, tutela dai suoni sott’acqua,. La piscina è un’attività
che agevola lo svolgimento
Dell’imparare,
racchiude già nel suo ambiente tutta la strutturazione, l’elemento favorevole
l’acqua determina la buona riuscita, certo si troveranno anche persone che
reagiranno male, e soggettivo anch’io ero molto timoroso dell’acqua soprattutto
Se cadeva
dall’alto ricordo come una cascata di pietre, l’acqua in testa un fastidio
anche doloroso, infatti l’ombrello poteva ripararmi ma non volevo averlo,
comunque sopra la testa ricordo una terapia d’urto fatta da mia madre, uscimmo
con un temporale e grandine mi scosse ma mi andò via la paura dell’acqua
E sopportai
e sopporto bene questo elemento naturale. Sono stato aiutato moltissimo perché
ho praticato la piscina in tenera età 3 anni dopo un anno galleggiavo da solo
non ho mai smesso di farlo, il mio stile non è ritmato da bracciate stile
libero , la mia potenza sono le gambe le mani sotto l’acqua creano
Piu’
aerodinamica, sono ed ero guidato dall’istinto e come se corro nella terra
ferma, la sensazione è quella. Quando il lavoro si trasforma in allegria come
l’elemento naturale acqua fa nascere spontaneo tutto diventa possibile,
l’approccio
Crea la base
abilitativa senza un giusto e corretto sentire, l’irrigidimento diventa
Una naturale
difesa che la persona mette subito in atto, la gratificazione è necessaria per
dare stimolo alla collaborazione della persona. L’attività di piscina presenta
per me minori difficoltà per la socialità, l’ambiente frequentato fin da
piccolo ha creato una normalità , la persona autistica vive di routine
strutturata
che deve non
essere rigida ma certa, l’autonomia si impara con la strutturazione, le azioni
sempre uguali in qualsiasi esempio: piscina la base non deve cambiare i punti
di riferimento su cui si basa la richiesta sempre chiara semplice e ferma, può
esserci un momento di smarrimento ma solo per adattarsi al nuovo ambiente, non
a ciò che si chiede alla persona autistica. Le richieste che si decidono di
fare sono mirate agli obbiettivi che si devono evidenziare nel programma
educativo, tutto deve avere un senso e continuità se dobbiamo abilitare ciò che
accade normalmente ed e sbagliato pensare, le piace l’acqua e lo stanca e
rilassa, non e cosi? L’elemento stancante per la persona autistica è far
lavorare il cervello per eseguire le azioni correttamente
In funzioni
giuste strutturate si crea l’elaborazione che mette in moto il pensiero per
fare ciò che richiesto, sguazzare nell’acqua non serve a niente eseguire cose
utili si. Bisogna individuare attraverso un programma educativo gli obiettivi
su cui lavorare
Inerenti
all’attività del nuoto proponendo solo cose utili il gioco non funziona con
tutti anzi in alcuni vanifica tutto perché l’autistico non comprende, non per
inteletto ma perché e monotematico, Io sono cosi anzi sono migliorato se chi
gioca con me
Torna subito
serio e riprende il ruolo corretto, il gioco della persona autistica è
percepito uguale al lavoro educativo, ci sono ovviamente ragioni chiare per
questo comportamento, la proposta di un gioco educativo ha un obiettivo per chi
insegna seppur leggero e divertente, la persona non coglie questo ma si presta
collaborando, chi ha un’autismo lieve,, o asperger colgono non tutti il senso
del gioco e il divertimento, l’approccio con l’acqua fa emergere la motorietà
del movimento che viene eseguito con naturalezza, la persona autistica infatti
è dominata dalla sua mente solo per l’elaborazione che inibisce i collegamenti
di tutte le aree celebrali
Ma l’istinto
e libero di agire, il metodo di approccio e sempre il punto di partenza su cui
si fonda il vero approccio, il gioco in autismo non esiste e solo una forma
Di
espressione usata dai tecnici in riferimento al materiale didattico da usare.
Il principio
sano deve essere il rapporto che si crea con la persona che deve avere sempre
una coerenza, se si vuole essere educatori in autismo l’equilibrio è
fondamentale, in piscina ci sono anche buone strategie che possono trovare un
approccio educativo e di autonomie, basti pensare lo spogliatoio, il cambiarsi
e rivestirsi, togliersi accappatoio ciabatte e entrare in acqua idem in uscita
tutte queste sequenze sono autonomie, un autonomia importante e il senso dello
spazio negli ambienti, fondamentale per ottenere un controllo che alla persona
le permetta di sapersi muovere avendo padronanza di se e di ciò che nel luogo
può svolgere per arrivare ad una autonomia che permetta la gestione di tutto
per una inclusione sociale, si dice prima imparo da solo e poi sto con gli
altri, con il mio saper fare sarebbe molto importante creare abilitando
l’autonomia guidata, esempio:
A distanza
di sicurezza d’intervento dare gli imput del come fare, lavorando con step, si
arriva ad ottenere ottimi risultati e maggiore autonomia della persona, questo
e possibile se si crede nell’abilitazione e autonomia, si da dignità a chi non
può altrimenti averne nel contesto sociale e personale. L’esperienza di un
ragazzo autistico con grandi difficoltà in cui sarà possibile comprendere tante
cose che altrimenti non si può , oggi le cose tecniche si fermano ma si entra
nell’esperienza
( …………… e la piscina) che fa parte di questo
capitolo, che evidenzierà le vere difficolta dell’autismo.)
Se senti che
devi trovare libertà puoi farlo ma se sei autistico potrai provarci
Ma sentirai
che tutto e chiuso in una cassaforte a vetri e se ci provi devi conoscere la
giusta combinazione che potrai ottenere con tanto lavoro e pazienza, e non da
solo. Sentire amore calma e tanta forza dalle persone a te vicine si può fare,
ho potuto aprire il labirinto dell’autismo poche volte, ma sono state
sufficienti per non perdere mai l’opportunità di rifarlo, è stato ed è il
motivo del mio sorriso e dei miei momenti
In cui la
dolcezza e la calma sono diventate essenziali anche se devono per il momento
essere gli altri a infondermela.
È stato fin da subito molto bello per me anche
se la paura fu tanta, ma il mio istinto una risorsa preziosa in cui io ho
potuto contare la mia evoluzione, mi faceva e mi fa fare cose che nessuno
allora conosceva,
come studi
sull’autismo che a dire il vero non erano possibili da riconoscere, se non
con una
attenta osservazione, infatti oggi con la mia esperienza manca ancora ai
miei tanti scritti l’evoluzione dei
comportamenti dell’autismo.
che sarà un prossimo capitolo di
autismo e mente.
I comportamenti dell’inizio del contatto con la piscina erano
da subito disarmanti, ma allora le assenze erano tante, non era possibile
proporre nulla di cognitivo e di comportamentale, nessuna conoscenza, si
lavorava con l’approccio di un bambino normotipico che aveva paura dell’acqua e
per certi versi è stato utile, si evidenziarono subito comportamenti che
lasciavano spazio ad una riflessione, e che necessitavano di osservazione, era
invece molto adeguato il comportamento nello spogliatoio, mia madre seguiva me
con dovute attenzioni, infatti allora come adesso la mia autonomia è stata
raggiunta, mancano i dettagli ma sono in grado di svestirmi e vestirmi da solo.
C’erano tanti comportamenti che dovevano trovare soluzioni, ma non era subito
possibile poiché la diagnosi e di seguito l’intervento educativo era assente,
non c’era l’uso delle immagini della c.a.a.
che
avrebbero potuto trovare soluzioni, i passaggi piu’ logici erano e sono di
avere certezze, punti di riferimento, io non avevo ancora quel tempo, una
condizione mentale ottimale per poter fermare e codificare ogni cosa, la mente
imprigionava tutto. Le parole sembravano pietre i rumori erano attutiti dalla
confusione, l’istinto
puro era di
sopravvivenza, ma non pensata immediata, le reazioni immediate con cui subito
dovetti salvaguardarmi era trovarmi immerso in acqua e non capire perchè fosse
cosi tanta ferma e ci fosse uno specchio, ma il tocco sulla pelle sebbene io la
sensazione la conoscevo, il cloro che contiene, la rende artefatta al tatto,
l’acqua e diversa pesante e da pizzicore, solo col passare del tempo grazie alla continuità dell’attività intensa
migliorate le reazioni che sembravano all’inizio ingestibili
il vero
progresso fu’ il galleggiamento autonomo, la mia mente doveva pensare
a cosa
facevo e che ciò comportava la sopravvivenza, il gusto di essere libero di
muovermi era davvero ciò che mi serviva, e adesso come allora e ancora cosi.
Trovata la modalità di galleggiare e l’autonomia in acqua c’era il problema
dell’ascolto
di chi in acqua faceva chiacchericcio da salotto, seppur calma aveva modalità
sicuramente professionali e si stupiva di come fossi veloce in acqua
e recettivo,
questo le permetteva di conversare e farsi notare soprattutto se in vasca
c’era il
sesso maschile che a lei non era indifferente, sono stati ottimi insegnamenti
perché c’è sempre stata continuità nell’esecuzione, infatti la costanza
nonostante
non ci fosse
nulla strutturato tutto avveniva verbalmente, ma avevo e ancora oggi
il supporto
di mamma nello spogliatoio, la sicurezza del punto di riferimento
oggi e anche
la strutturazione ben chiara, dovendo spiegare come funziona l’attivazione
della comprensione cognitiva delle parole in persone con autismo, bisogna
valutarla nella risposta che non sarà immediata, perché deve essere recepita
ed elaborata
e poi inviata ad una casella che la mente non può raggiungere, io ho fatto cosi
e memoria di un mosaico che si costruisce ogni volta, ma non tutto e tutti lo
possono fare. Il mio scoprire che riuscivo a stare a galla è stato bellissimo
perché allora come adesso in acqua lascio andare le mie energie, le mie paure,
ma soprattutto sono consapevole del contatto con un elemento naturale come
l’acqua che sprigiona benessere, ma da cui devo avere rispetto al contempo,
sono in questo da subito stato cosciente che la sopravvivenza in acqua dipende
da me, e quindi gioco e prudenza, e mi fido solo di quello che posso gestire
io, dal piu’
semplice
movimento, altrimenti divento incapace e metto in pericolo me stesso,
apprendimento, guardare e fare, non far fare, il mio galleggiamento divenne
sempre piu’ facile e naturale e piano piano anche l’aerodinamica che
producevano il movimento delle mie gambe e le mie mani che sono come la
posizione delle pinne o delle eliche, ma la spinta propulsore e delle gambe prevalentemente
e come il pesce
la sua coda
, la forza passa attraverso tutto il corpo.
I movimenti naturali in acqua sono un assoluto istintivo
comportamento, la persona autistica necessita di una guida capace di
intervenire senza inficiare il movimento naturale, per potenziarlo, semmai e
per renderlo efficace a beneficio del fisico e della psiche, la percettibilità
che nasce nel movimento natatorio e molto importante, perché contribuisce ad
acquisire padronanza dello spazio tutelandosi dal pericolo, infatti seppur
bellissimo il nuoto in mare non aiuta in egual misura per la mancanza
strutturale di un perimetro definito come invece la piscina se si vuole aiutare
una persona autistica
in mare si
può creare un perimetro rettangolare o quadrato come la piscina ottimale, il
tempo mi ha dato modo di incrementare la conoscenza di me stesso,
tanto da
osservare tutto di tutti , ma l’istinto di sopravvivenza doveva prevalere,
mi sono
allenato a galleggiare tanto da arrivare a crearmi la corsa in acqua, le
mie gambe da
sempre mi permettono movimenti veloci di forza e tengono bene l’aerodinamica
cosi come i piedi in acqua e in terra.
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